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Ángel y Demonio

L'irresistibile fascino delle ghost town

L'irresistibile fascino delle ghost town

Ruderi, rocche, "scheletri" di insediamenti urbani che ricordano l’ossatura di una mano, borghi sommersi dalle acque che ricompaiono ogni anno. Dalla Toscana alla Lucania, le "ghost town" nostrane.

Le chiamano "città-fantasma". E già la definizione un po’ inquieta. Sono i centri abbandonati e deserti, senza abitanti e spesso immersi nella natura, di cui è piena l’Italia intera, e che mantengono un alone di fascino e di mistero. Luoghi magici (alcuni in buono stato, altri meno), per i loro silenzi, ma che risentono dell’eco della storia. Visitarli è come fare un viaggio nel tempo. Addentrarsi tra le rovine, lungo le vecchie strade, dentro le chiese e le case squarciate, tra la vegetazione incolta, regala sempre una grande emozione.

"E’ una piccola città che è situata su un’altura ed ha la forma di una lira, è circondata da dirupi scoscesi e da una profonda valle. Le sue mura e gli inaccessibili dirupi nessuno potrebbe scalare se non con le ali. Cosicchè anticamente la cittadina fu chiamata con il nome di Castro Felice...": in questo modo, nell’anno 1575, il notaio Domenico Angeli descriveva la città di Castro, simbolo della potenza dei Farnese, istituito nel 1537 per volontà di Papa Paolo III. Ma è inutile cercare il paese sulla carta stradale. Di questo gioiello urbanistico del Rinascimento non è rimasto quasi nulla, se non ruderi misteriosi ed in gran parte nascosti da una fitta boscaglia. Dovete far lavorare solo la vostra immaginazione per ricostruire nella mente quello che fu un ricco ducato. E con la fantasia, passo dopo passo, si delineeranno i fastosi palazzi, le chiese, persino la zecca (su modello di quella tuttora esistente a Roma) che coniava la propria moneta. "Qui fu castro".

Una frase posta su un cippo, sintetizza quella che fu la triste vicenda del Ducato distrutto nel 1649, all’apice del suo lustro, da Papa Innocenzo X Pamphili, pietra per pietra, mattone per mattone - perché non si potessero riutilizzare - ed infine, come a Cartagine, sulle sue rovine fu sparso il sale, affinché mai più risorgesse. Si estendeva per circa 1200 Kmq, dal mare Tirreno fino ai confini con la Toscana e al lago di Bolsena. Passeggiando tra i sentieri, immersi in una straordinaria vegetazione, si possono ammirare alcuni resti ben visibili: basi delle colonne e dei capitelli, pezzi di marmo di edifici, osterie, case private. Della Zecca è rimasto il basamento bugnato in travertino, l’ingresso murato e parte della facciata. Colpiscono le macerie della Piazza Maggiore che costituiva il centro vitale della città, con la caratteristica pavimentazione a spina di pesce.

// Un’altra tappa da non perdere è Craco, in Basilicata, l’antica "Graculum", inserito nella lista dei siti da salvaguardare nel mondo, redatta dal World Monuments Funds, ed abbandonato, a partire dal 1960, a seguito di un movimento franoso. Il borgo, un tutt’uno con la roccia (non è visitabile all’interno in quanto vige il divieto d’ingresso per la pericolosità delle case diroccate), è di una bellezza scenografica unica (tanto che molti registi, da Pasolini a Mel Gibson, hanno trovato un terreno fertile per ambientare i propri film), popolato solo da qualche capra intenta a brucare l’erba cresciuta nelle crepe dei pavimenti. Da ammirare, anche se da lontano, i resti della Torre Normanna, l’unico ricordo del castello, costruito su di una rupe a picco, visibile da quasi tutte le direzioni.
 
Saludos desde el Mediterráneo. Rachelle

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